Dalle ferite la Vita Nuova

800 anni dall'i mpressione delle stimmate a S. Francesco sul monte della Verna

Incontro con Padre Marco Bellachioma

13 Novembre 2024

 DALLE FERITE LA VITA NUOVA

Mercoledì 13 Novembre 2024 Padre Marco Bellachioma, Guardiano del Convento di San Francesco in Gubbio, ha illustrato un aspetto molto importante della vita di San Francesco nella sua relazione “Dalle ferite la Vita Nuova” in occasione degli 800 anni dall’impressione delle stimmate al Santo di Assisi sul monte della Verna.

Questo evento, che segnò profondamente la vita del Santo e la storia del francescanesimo, avvenne nel 1224, due anni prima della sua morte e rappresenta una delle esperienze mistiche più significative del Medioevo cristiano. (Clicca per continuare a leggere)

Il luogo

La Verna, un monte situato nell’Appennino toscano, in provincia di Arezzo, fu donata a San Francesco nel 1213 dal conte Orlando Cattani di Chiusi in Casentino, un nobile toscano che aveva conosciuto e ammirato il Santo d’Assisi. Affascinato dal suo messaggio di povertà e amore per Dio, Orlando gli offrì in dono una parte del monte affinché potesse ritirarsi in solitudine e preghiera. Francesco accettò l’offerta, vedendo in quel luogo selvaggio, fatto di foreste e rocce scoscese, un luogo adatto per immergersi nella contemplazione divina, luogo ideale per la vita eremitica, che egli ricercava soprattutto negli ultimi anni, quando la sua salute iniziava a peggiorare e la necessità di silenzio e raccoglimento spirituale cresceva.

La Verna è circondata da boschi di faggi e abeti e presenta formazioni rocciose suggestive, che sembrano quasi voler trasmettere la potenza e la grandiosità della natura. Questi elementi naturali favorivano il senso di comunione profonda con il creato, tanto caro a San Francesco, che nel suo “Cantico delle Creature” lodava Dio attraverso tutte le bellezze della natura.

Ancora oggi, la Verna rimane un luogo di meditazione e preghiera, dove i visitatori possono immergersi nella natura e nella spiritualità francescana, riscoprendo valori come l’umiltà, l’amore per il creato e la ricerca di una profonda unione con Dio.

 

L’evento delle stimmate

Il 17 settembre del 1224, durante un periodo di intenso digiuno e preghiera in preparazione alla festa di San Michele Arcangelo, Francesco ebbe una visione straordinaria. Mentre era immerso nella contemplazione, apparve davanti a lui un serafino crocifisso, una figura angelica con sei ali che portava l’immagine di Cristo crocifisso. Da questa visione, Francesco ricevette le stimmate, i segni della Passione di Cristo, che apparvero sul suo corpo sotto forma di ferite alle mani, ai piedi e al costato, identiche a quelle della crocifissione.

Questo evento, conosciuto come la stigmatizzazione, fu testimoniato dai frati che vivevano con lui e che videro le ferite sanguinare per il resto della sua vita. Le stimmate erano considerate un segno di unione mistica con Cristo, un privilegio unico concesso a Francesco, il quale veniva così associato alla Passione di Gesù in modo unico e potente. Da allora la Verna divenne un luogo sacro per i pellegrini e un simbolo della profondità spirituale della vita francescana.

 

Il Santuario della Verna

Dopo la morte di San Francesco, i suoi seguaci costruirono sul monte un Santuario, che ancora oggi è meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. Il Santuario della Verna comprende vari edifici di grande valore storico e spirituale: la Cappella delle Stimmate, costruita proprio nel luogo dove Francesco ricevette i segni della Passione; la Basilica di Santa Maria degli Angeli, eretta dai frati per celebrare le Messe;  la Grotta dove il Santo si ritirava in preghiera.

Uno degli elementi più suggestivi è la Cappella delle Stimmate, decorata con affreschi di artisti come Andrea della Robbia, che immortalò scene della vita di San Francesco e dell’evento della stigmatizzazione. Qui i visitatori possono avvertire un senso di pace e raccoglimento che ancora oggi fa percepire la sacralità del luogo e il legame con l’esperienza mistica del Santo.


 Il significato delle stimmate nella spiritualità francescana

Le stimmate di San Francesco rappresentano la sua totale imitazione di Cristo e il suo desiderio di condividere la sofferenza redentrice di Gesù. Francesco, che già viveva in estrema povertà, abbandonando tutti i beni materiali, raggiunse in quell’evento la più alta espressione della sua unione con Dio. Per i suoi seguaci e per i francescani, le stimmate simboleggiano l’ideale di una vita spesa per il prossimo, in umiltà e dedizione totale, con un cuore aperto alla compassione e all’amore.

Presentazione della Prof.ssa Nadia Spogli

"Le stimmate raccontate dall'arte"

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Giotto, Basilica Superiore di Assisi

LA VERNA NELLA CHARTULA E IL CONTESTO DEL TAU

La Verna, il luogo dove Francesco ricevette le stimmate, ha una rilevanza simbolica anche nella Chartula e nel Tau.

Nella Chartula che San Francesco scrisse per Frate Leone, conosciuta anche come la Benedizione a Frate Leone, è rappresentato un segno molto caro alla spiritualità francescana: il Tau, una lettera dell’alfabeto ebraico e greco, che nella tradizione cristiana simboleggia la croce e la redenzione.(Clicca per continuare a leggere)

Sebbene la Chartula non contenga una rappresentazione esplicita della Verna, l’uso del Tau e delle parole di benedizione può essere visto come un richiamo simbolico a quel luogo, poiché incarna l’umiltà, la sofferenza e l’amore di Francesco per Dio, sentimenti che lo avvolsero proprio durante il periodo trascorso alla Verna. In questo contesto, il Tau diventa una sorta di simbolo della trasformazione spirituale vissuta da Francesco in quel monte sacro, dove sperimentò l’unione mistica con Cristo.

Il Tau nella Chartula non è solo un simbolo grafico, ma è stato tracciato con intenzione e amore da Francesco. Questo segno è considerato un’invocazione alla protezione e alla benedizione di Dio e nello stesso tempo un richiamo alla croce di Cristo. Per Francesco, che aveva un legame particolare con il simbolo del Tau, questa lettera riassumeva il suo cammino di fede e la sua imitazione di Cristo, specialmente dopo aver ricevuto le stimmate alla Verna.

 

Il significato simbolico del Tau e della Chartula per i francescani  

Per la tradizione francescana, la Chartula e il Tau sono profondamente legati all’esperienza mistica di Francesco. La Verna è simbolicamente presente in ogni traccia di questi segni e preghiere, come richiamo al sacrificio e all’amore divino, e il Tau diviene per i francescani un segno di appartenenza, un simbolo che li lega spiritualmente al loro fondatore.

In sintesi, nella Chartula, la semplicità del Tau e delle parole di benedizione ci ricordano la Verna come luogo di trasformazione e di unione con Cristo, rendendo il documento un riflesso intimo della spiritualità e dell’amore di San Francesco per Dio e per i suoi compagni di cammino.

La Carthula

CARTHULA

La Chartula di Frate Leone è un documento straordinario, custodito nel Sacro Convento di Assisi, e rappresenta una delle reliquie più intime legate a San Francesco. Si tratta di un piccolo pezzo di pergamena scritto dallo stesso Francesco, che lo affidò a Frate Leone, uno dei suoi compagni più fidati e vicini. Questo documento è considerato una sorta di testamento spirituale e una benedizione speciale per Frate Leone, nonché una delle poche testimonianze scritte direttamente da San Francesco.

Contenuto della Chartula  -  La Chartula contiene due testi: il Laudes Dei Altissimi e una Benedizione per Frate Leone. Il Laudes Dei Altissimi è una preghiera di lode, composta da brevi invocazioni rivolte a Dio, che esprimono l’amore e la devozione di Francesco per il Creatore. È una preghiera semplice e intensa, che riecheggia il linguaggio e lo spirito di Francesco, caratterizzati dalla semplicità e dall’esaltazione della grandezza divina.  (Clicca per continuare a leggere)

L’altro testo è una Benedizione personale per Frate Leone. San Francesco scrisse delle parole di consolazione e protezione per il suo frate, con cui condivideva un legame speciale di affetto e spiritualità. Nella benedizione si trovano parole che sottolineano la vicinanza e la benevolenza di Francesco verso Leone, che spesso l’accompagnava nei momenti più difficili della sua vita.

 

Il valore simbolico della Chartula  -  La Chartula è preziosa non solo per il contenuto, ma anche per il valore simbolico che porta. Rappresenta l’umiltà e la semplicità di Francesco, il quale, pur vivendo nella povertà, non smetteva di prendersi cura spiritualmente dei suoi compagni. È anche una testimonianza della profonda amicizia che lo legava a Frate Leone, con il quale condivise momenti di intensa preghiera e sofferenza.

Per i francescani, la Chartula di è considerata una reliquia speciale, perché contiene la scrittura originale di Francesco, raro segno materiale della sua presenza. Essendo uno dei pochi scritti autentici di sua mano, è diventata un simbolo della sua eredità spirituale e del suo modo di vivere la fede con semplicità, umiltà e amore fraterno.

 

La conservazione della Chartula ad Assisi  -  Il Sacro Convento di Assisi conserva la Chartula in un’area protetta, per preservarla dal tempo e dai danni. Viene esposta solo in occasioni speciali, ma rappresenta un punto di grande attrazione per i pellegrini e per i devoti che si recano ad Assisi in cerca di ispirazione e contatto con la spiritualità di San Francesco.

In sintesi, la Chartula di Frate Leone non è solo un pezzo di pergamena, ma un frammento della vita spirituale di San Francesco, un dono di amore e benedizione a uno dei suoi compagni più cari.

VERSI DI DANTE sulle stimmate

Dante Alighieri, nella Divina Commedia, fa un riferimento alle stimmate di San Francesco nel canto XI del Paradiso, che è dedicato alla figura del Santo e alla sua vita. Nel descrivere il momento in cui Francesco riceve le stimmate sul Monte della Verna, Dante usa versi potenti e suggestivi:

“Nel crudo sasso intra Tevero e Arno

da Cristo prese l’ultimo sigillo,

che le sue membra due anni portarno.”

(Paradiso, XI, 106-108)  

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In questi versi Dante descrive la Verna come il “crudo sasso intra Tevero e Arno”, cioè una montagna aspra situata tra i fiumi Tevere e Arno, sottolineando la sua natura selvaggia e isolata. Qui Francesco riceve “l’ultimo sigillo” da Cristo, ossia le stimmate, il segno della Passione che lo unisce in modo mistico alla sofferenza di Gesù.

Dante specifica inoltre che “le sue membra due anni portarno” questo sigillo, indicando che Francesco visse con le stimmate per i due ultimi anni della sua vita, fino alla sua morte avvenuta tra il 3 e il 4  ottobre del  1226. Questi versi celebrano l’unione spirituale di Francesco con Cristo e riconoscono l’evento della stigmatizzazione come una conferma divina della santità di Francesco.

LA MORTE DI SAN FRANCESCO NARRATA NEI FIORETTI

Nei Fioretti di San Francesco, un’opera che raccoglie episodi della vita del Santo e dei suoi compagni, la morte di San Francesco è raccontata in modo semplice e commovente, carico di significato spirituale, che esprime l’umiltà e l’amore del santo per Dio e per tutte le creature.

Secondo i Fioretti, sentendo avvicinarsi la fine, Francesco volle tornare ad Assisi, dove aveva iniziato il suo cammino spirituale. Chiese di essere deposto sulla nuda terra, come segno di umiltà e per rimanere fedele al suo voto di povertà. Nella sua ultima ora, egli accolse la morte con serenità, chiamandola “Sorella Morte”, così come aveva fatto nel Cantico delle Creature, dove vedeva ogni aspetto della vita come parte dell’amore divino.   (Clicca per continuare a leggere)

Durante questi ultimi momenti,  benedisse i suoi compagni e li esortò a perseverare nella fede e a vivere in povertà, umiltà e amore. La tradizione racconta che recitò il Salmo 141, “Voce mea ad Dominum clamavi” (“Con la mia voce al Signore grido aiuto”), esprimendo fino alla fine la sua devozione a Dio.

Infine, Francesco morì nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 1226, circondato dai suoi frati, in una stanza povera presso la Porziuncola, la piccola chiesa che tanto amava. I Fioretti descrivono anche eventi miracolosi accaduti dopo la sua morte, come la visione della sua anima portata in cielo da una schiera di angeli, a testimonianza della sua santità.

La narrazione della morte di San Francesco nei Fioretti trasmette un senso di pace e di compimento spirituale, sottolineando il suo distacco dai beni materiali e il suo amore per tutte le creature, in armonia con la sua fede profonda e radicale.

 

I Fioretti di San Francesco

I Fioretti di San Francesco sono una raccolta anonima di racconti che narrano episodi della vita di San Francesco d’Assisi e dei suoi primi compagni. L’opera non fu scritta da San Francesco né da un autore specifico, ma è frutto della tradizione orale e della devozione francescana, che nel tempo hanno tramandato storie sul Santo e sui suoi seguaci. Furono redatti in italiano volgare, probabilmente nel XIV secolo, quasi un secolo dopo la morte di Francesco, da un autore ignoto, anche se si ritiene che possano essere stati ispirati da testi latini precedenti, come la Legenda Perusina e la Compilatio Assisiensis.

L’opera è composta da 53 capitoli, che narrano episodi significativi della vita di San Francesco e di altri frati come Frate Leone, Frate Egidio e Frate Ginepro. Ogni racconto è chiamato “fioretto” per indicare che è un “fiore” della santità e della semplicità francescana, volto a ispirare il lettore.

Le storie spaziano da miracoli a momenti di profonda umiltà e amore per Dio e il creato. Tra gli episodi più celebri troviamo:

• La predica agli uccelli: San Francesco parla agli uccelli, che sembrano ascoltarlo con devozione, simbolo del suo amore per ogni creatura e della sua convinzione che tutto il creato lodi Dio.

• Il lupo di Gubbio: Francesco ammansisce un lupo feroce, che terrorizzava la città di Gubbio, stabilendo un “patto di pace” tra l’animale e gli abitanti del luogo.

• Le stimmate sul Monte della Verna (Capitolo XXXIV): il racconto della stigmatizzazione di San Francesco, un momento di unione mistica con Cristo, avvenuto in un momento di preghiera e contemplazione.

 

Il messaggio dei Fioretti: i Fioretti enfatizzano i temi centrali della spiritualità francescana: l’umiltà, la povertà, l’amore per Dio e la fratellanza universale con tutte le creature. Ogni episodio trasmette l’ideale francescano di semplicità e di gioia spirituale, mostrando come Francesco e i suoi compagni vivessero in piena fiducia nella Provvidenza e in profonda armonia con il creato.

Il tono dell’opera è semplice e popolare, rispecchiando lo stile di vita e la predicazione di Francesco. Nonostante la loro semplicità, i Fioretti hanno avuto una grande influenza nella diffusione del messaggio francescano e sono considerati uno dei testi più amati e letti della letteratura italiana medievale.

 

Il contesto della stigmatizzazione raccontata nei Fioretti

Secondo il racconto dei Fioretti, Francesco, sentendo la necessità di una più profonda comunione con Dio, si ritirò alla Verna per un periodo di digiuno e preghiera in preparazione alla festa di San Michele Arcangelo, che si celebra a fine settembre. In questo luogo solitario e montuoso, desiderava concentrarsi totalmente nella contemplazione della Passione di Cristo e nel rinnovamento del suo amore per Dio.

Mentre pregava intensamente, Francesco chiese al Signore di concedergli due grazie speciali: di provare nel suo cuore l’amore che Cristo sentì per l’umanità durante la Passione e di condividere almeno un poco delle sofferenze che Cristo sopportò sulla croce per la salvezza del mondo.

La visione del serafino crocifisso: un mattino, mentre Francesco si trovava immerso nella preghiera, ebbe una visione straordinaria: apparve davanti a lui un serafino con sei ali fiammeggianti, che portava l’immagine di Cristo crocifisso. Questo serafino rappresentava un segno di amore divino e di sacrificio, unendo l’idea di Cristo nella sua sofferenza alla gloria celeste degli angeli.

Il serafino emanava una luce e una bellezza ineffabile, ma allo stesso tempo, Francesco percepiva in lui la profonda sofferenza della croce. Questo contrasto tra la gioia divina e il dolore umano colpì profondamente il suo cuore  ed egli sentì in quel momento un’unione mistica con Cristo, come mai prima.

L’impronta delle stimmate:  dopo questa visione, quando il serafino scomparve, Francesco si accorse che sulle sue mani, sui suoi piedi e sul costato erano apparse delle ferite, identiche a quelle di Cristo crocifisso. Questi segni della Passione, noti come stimmate, gli causarono un dolore fisico, ma al tempo stesso rappresentavano il sigillo della sua unione spirituale con Cristo.

Le stimmate erano evidenti e dolorose, ma Francesco le accolse come una benedizione e come il segno della risposta di Dio alla sua preghiera di vivere pienamente l’amore di Cristo. Nei Fioretti, questo evento è descritto come una grazia immensa, riservata solo a chi, come Francesco, aveva seguito la via della povertà, dell’umiltà e dell’amore per tutte le creature.

 

Il significato della stigmatizzazione nei Fioretti: nei Fioretti, la stigmatizzazione di San Francesco è vista come l’apice della sua vita spirituale. I segni della Passione lo rendono un “alter Christus” (un altro Cristo), confermando la sua santità e la sua piena identificazione con il messaggio di Cristo. Francesco visse con le stimmate per i restanti due anni della sua vita, nascondendo spesso le ferite e sopportando il dolore in silenzio, in un atteggiamento di umiltà.

L’episodio delle stimmate nella Verna è uno dei più significativi dei Fioretti, poiché riflette il cuore della spiritualità francescana: un amore così grande per Dio da accettare anche la sofferenza, nella consapevolezza che solo attraverso il sacrificio e la rinuncia a se stessi si può raggiungere la pienezza della comunione con il divino.